Siete sicuri che la persona in foto non si stia sentendo male? Quando si verifica un evento insolito e siamo dubbiosi sul da fare, quando la situazione è ambigua e regna l’incertezza, è più facile che guardiamo al comportamento altrui e lo imitiamo, prendendolo per buono. Tuttavia, mentre osserviamo il comportamento degli altri per risolvere la nostra incertezza, non ci accorgiamo che, molto probabilmente, gli atri stanno facendo la stessa cosa. Questa situazione di delega collettiva di responsabilità talvolta finisce per generare delle conseguenze davvero disastrose. A tal proposito, è famoso il caso della morte di Catherine Genovese a New York nel 1964. La giovane donna venne aggredita ed uccisa una notte nella strada di casa mentre tornava dal lavoro. La notizia fece scalpore non tanto per l’omicidio in sé, che rientrava nelle casistiche generali in una grande metropoli, bensì per il comportamento assunto dalle persone che avevano assistito al crimine. Infatti, le indagini fecero emergere un particolare che lasciò tutti sbigottiti. Il delitto non era stato silenzioso ed immediato, ma era stato perpetrato per diverso tempo, tormentato, rumoroso e addirittura pubblico. L’aggressore aveva inseguito e colpito la vittima per tre volte nel giro di mezz’ora, prima che questa giungesse alla morte. La cosa sconvolgente fu che ben trentotto vicini di casa avevano assistito alla scena dalle finestre delle loro case, senza che nessuno di questi si attivasse per chiamare la polizia. Trentotto cittadini onesti e rispettabili rimangono ad osservare un crimine per un tempo abbastanza lungo per poter salvare una persona e nessuno di questi interviene. Alla richiesta di una spiegazione su tale assurdo comportamento, nessuno dei testimoni seppe rispondere. Dopo numerosi studi, due psicologi sociali, Latané e Darley, riuscirono ad individuare due spiegazioni psicologiche che si innescano durante delle situazioni in cui c’è tanta gente che assiste ad un evento in cui è necessario un immediato intervento. La prima sta nella percezione della “diluizione della responsabilità” per cui, mentre ognuno pensa che sia già intervenuto o stia per intervenire qualcun altro, nessuno fa nulla. La seconda spiegazione, psicologicamente più sottile, si fonda sul principio della “riprova sociale”, ovvero in situazioni improvvise di incertezza o anomale, la gente tende a guardarsi intorno per vedere cosa fanno gli altri e capire da questo se si tratti di una emergenza. Non intervenendo nessuno, il gruppo si comunica in maniera non verbale la non pericolosità della situazione. In questi casi si innesca il fenomeno dell’ignoranza collettiva. Sono stati eseguiti degli esperimenti che dimostrano che in una medesima situazione di emergenza, un individuo tende con molte più probabilità a prestare immediatamente aiuto se è solo anziché trovarsi in una situazione sociale, proprio per il fatto che nel secondo caso il gruppo può autoinfluenzarsi nel percepire la situazione come non pericolosa, visto che nessuno interviene. Tale fenomeno è più frequente di quanto non possiamo immaginare. Alcune settimane fa, mentre aspettavo mia figlia all’uscita dellascuola, nel cortile all’improvviso è scoppiata una rissa tra alcuni bambini. La gente è rimasta attonita a guardare senza intervenire. Si è innescato il fenomeno dell’ignoranza collettiva. Io, consapevole di ciò che stava accadendo al gruppo, non mi sono fatto influenzare e sono intervenuto. Se dovesse capitarvi di sentirvi male in una strada affollata, prima di perdere i sensi, non chiamate semplicemente aiuto, ma rivolgetevi ad una persona specifica, attribuendo ad essa la diretta responsabilità di chiamare un’ambulanza. Vi metterete così al riparo da un eventuale fenomeno di ignoranza collettiva che potrebbe costarvi caro.