Quanto siamo orientati a dare valore ai nostri talenti? Capita spesso di portare avanti una vita sognandone un’altra, dando magari per scontato che quella che sogniamo non sia per nulla realizzabile. A tal proposito, mi piacerebbe rievocare la parabola dei talenti, presente nel Vangelo secondo Matteo. Essa parla di un uomo il quale, prima di partire per un viaggio, chiama i suoi tre servi e affida ad uno cinque talenti, ad un altro due talenti, al terzo un talento, secondo le loro capacità. Al suo ritorno, raduna i tre servi, chiedendo notizie su come avessero utilizzato i talenti a loro affidati. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, spiega di averli impegnati e di averne guadagnati altri cinque. Il padrone, soddisfatto, lo premia donandogli l’intera somma (“Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”). Lo stesso fa il padrone col secondo servo, il quale aveva guadagnato altri due talenti dai due ricevuti inizialmente. Il terzo servo, invece, spiega al suo padrone che, per paura di perdere il talento affidatogli, lo ha nascosto sotto terra ed adesso gli consegna lo stesso talento. Il padrone, indignato per il fatto che il suo servo non ha dato valore a quel talento, lo punisce cacciandolo via, gli toglie il talento e lo dà al servo che ne ha dieci (“Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza, ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”). Ovviamente, questa parabola non fa riferimento semplicemente ai beni materiali, bensì al talento, oggi diremmo al potenziale, che si trova dentro ognuno di noi. La scienza ha dimostrato che il Vangelo ha ragione. Ognuno di noi possiede almeno un talento, ma spetta a noi investire risorse ed energie su di esso. Se non sfruttiamo il nostro talento, tenendolo perennemente sotterrato, per paura di farci del male, di perderlo, di fallire, di essere giudicati e quant’altro, non solo non evolveremo mai, ma addirittura avremo buone probabilità di andare incontro a continue frustrazioni (a chi no ha sarà tolto anche quello che ha). Ecco perché, spesso, l’infelicità è figlia delle scelte conservatrici e non innovatrici e valorizzanti i nostri talenti (e la nostra cultura fatalistica non ci è per nulla da buon esempio). Chi, invece, riesce a dare valore a ciò in cui crede fermamente, con ampi margini statistici riesce e realizza i suoi talenti, creando abbondanza, come previsto nel Vangelo.