I seguenti dati sono riferiti agli studi scientifici tramite l’osservazione di Risonanza Magnetica (RM) sul cervello di adolescenti consumatori abituali di cannabis e su giovani adulti, cronici consumatori di cannabis fin dalla loro adolescenza. Tutte le ricerche oggi documentate convergono rispetto all’evidenza che un consumo costante e continuo nel tempo di cannabis provoca, nelle sensibili cellule nervose di un adolescente il cui cervello è in piena fase di sviluppo fino ad almeno i 21 anni, dei danni neuropsicologici anche irreversibili. Il delicato sistema nervoso centrale del giovane, sottoposto ad una costante ed alterata stimolazione da parte delle componenti tossiche presenti nella marijuana, va incontro ad un vero e proprio scardinamento dei processi neurologici di maturazione, con conseguenze anche gravi rispetto all’alterazione delle funzioni cognitive e percettive (NIDA – National Institute on Drugs Abuse, 2008). Tramite la tecnica SPECT, in cui si utilizzano isotopi ad emissione di raggi gamma, emergono delle evidenze lampanti rispetto alla modificazione della morfologia cerebrale in adolescenti abituali consumatori di cannabis. Tali studi, che iniziano nel lontano 1998 (Amen DG & Waugh M), ma che si protraggono fino ai giorni nostri, con tecniche sempre più sofisticate, mostrano una evidente diminuzione dell’attività della corteccia prefrontale e del lobo temporale. Lopez-Larson e collaboratori (2011) hanno pubblicato uno dei primi studi che ha confrontato lo spessore corticale di un gruppo di adolescenti con uso abituale di cannabis rispetto ad un gruppo di non consumatori della sostanza. Rispetto ai non consumatori, i ragazzi che consumavano marijuana mostravano un ridotto spessore corticale nella corteccia frontale media caudale destra, nell’insula bilaterale e in entrambe le cortecce frontali superiori. I consumatori di marijuana presentavano inoltre un maggior spessore corticale nel giro linguale bilaterale, nella corteccia temporale superiore destra, nella regione parietale inferiore destra e paracentrale sinistra. L’aumentato spessore corticale in queste regioni corrisponde a un ritardato o mancato sfoltimento delle sinapsi neuronali meno forti, processo che normalmente avviene durante la crescita cerebrale per consolidamento delle sinapsi più utilizzate. È stato inoltre riscontrato che l’età d’inizio d’uso cronico della sostanza correla con l’alterato sviluppo della sostanza grigia cerebrale nel lobo frontale. I risultati di questo studio sono coerenti con quelli di studi precedenti che hanno documentato anomalie nelle regioni prefrontale e insulare. Una riduzione dello spessore nell’insula potrebbe rappresentare un marcatore biologico di aumentato rischio futuro per lo sviluppo di dipendenza da stupefacenti. “L’uso prolungato di cannabis in adolescenza o nella prima età adulta risulta pericoloso per la materia bianca del cervello”, lo ribadiscono Zalesky e colleghi (2012) del Melbourne Neuropsychiatry Centre. Lo scopo di questa ricerca era esaminare le vie delle fibre assonali dell’intero cervello per studiare i cambiamenti microstrutturali connessi all’uso prolungato di cannabis e per verificare se l’età di inizio d’uso regolare di cannabis fosse associata alla gravità di queste alterazioni. Tutti i consumatori di cannabis avevano fatto uso regolare della sostanza durante l’adolescenza o la prima età adulta, periodi in cui è ancora in corso lo sviluppo della materia bianca e i recettori dei cannabinoidi risultano abbondanti proprio nelle vie della sostanza bianca. Dai dati è emerso che la connettività assonale risulta compromessa nella fimbria destra dell’ippocampo (fornice), nello splenio del corpo calloso e nelle fibre commissurali che si estendono fino al precuneo. In queste vie, l’analisi della diffusività radiale e assiale, che rappresentano una misura dell’integrità microstrutturale, ha evidenziato un’associazione tra la gravità delle alterazioni riscontrate e l’età in cui ha avuto inizio l’uso regolare di cannabis. I risultati, quindi, indicano che l’uso precoce e prolungato di cannabis è particolarmente pericoloso per la materia bianca del cervello in fase di sviluppo, portando ad alterazioni della connettività cerebrale che potrebbero essere alla base dei deficit cognitivi e della vulnerabilità ai disturbi psicotici e schizofrenia, ai disturbi depressivi e d’ansia. Gli utilizzatori di cannabis che sviluppano psicosi acuta non sono rari (Kolansky e More; Altman e Evenson; Knight; Thomas); inoltre, i sintomi psicotici che si manifestano negli utilizzatori, risultano più frequenti che nei non utilizzatori (Degenhardt; Thien and Anthony; Verdoux Ferdinand; Thomas; Fergusson; Stefanis). E ancora, altre osservazioni tramite RM (Mata et al., 2010) hanno evidenziato che il consumo prolungato di cannabis rallentata la formazione dei giri e dei solchi del cervello, o addirittura, sembra distruggere il suo normale processo evolutivo. Una significativa riduzione del glutammato, glutammato, N-acetil-aspartato, creatina totale e mioinositolo nei consumatori di cannabis, indicano invece un’alterazione della neurotrasmissione e dell’integrità neuronale glutammatergica nel cingolato anteriore e un’alterazione dello stato energetico e del metabolismo gliale nella Corteccia Cingolata Anteriore. Svariate altre pubblicazioni (tra le più interessanti: Long-term effects of marijuana use on the brain (Francesca M. Filbeya, Sina Aslana, Vince D. Calhounc, Jeffrey S. Spencea, Eswar Damarajuc, Arvind Caprihanc, and Judith Segallc 2014), evidenziano la dannosità e la pericolosità del consumo di marijuana che, a tutti gli effetti, va considerata una vera e propria droga. Infine, un recente ed autorevole studio effettuato dalla Medical School di Harvard e dalla Northwestern University di Chicago, pubblicata sul Journal of Neuroscience nel 2014, fa sprofondare definitivamente la retorica che ha accompagnato l’ondata delle legalizzazioni della cannabis in diversi paesi del mondo. Lo studio evidenzia che anche un uso saltuario della cannabis (una o due volte a settimana), anche negli adulti, arreca dei notevoli danni al cervello prevalentemente a discapito del Nucleus accumbens, il quale assume delle dimensioni particolarmente grandi, e all’Amigdala (importante centro delle emozioni) che subisce delle notevoli deformazioni.
Non va fatta confusione sugli usi terapeutici della marijuana, dalla quale vengono estratti per uso medico solo alcuni tra i circa 60 componenti fitocannabinoidi tossici per il cervello, per cui, non di certo risulta terapeutica la marijuana reperibile attraverso il mercato illegale.