I disturbi di personalità

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Articolo pubblicato su Alqamah.it il 20/12/2015.

Nel Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM) le psicopatologie vengono suddivise in due macro aree: i disturbi clinici ed i disturbi di personalità. I primi, come i disturbi depressivi o i disturbi d’ansia, sono percepiti da chi ne è affetto come egodistonici, ovvero l’individuo si rende conto di possedere un problema interiore che non lo fa star bene con se stesso. Peraltro, un disturbo clinico, come ad esempio un disturbo d’ansia, generalmente provoca anche dei fastidiosi sintomi corporei che spingono la persona a chiedere aiuto. Al contrario, i disturbi di personalità sono egosintonici, ovvero non vengono percepiti da chi ne è portatore come problematici per la propria esistenza. Perché allora sono classificati come dei disturbi? I disturbi di personalità sono tali in quanto rappresentano degli stili pervasivi nell’intera sfera della personalità che risultano rigidi e disadattivi rispetto al rapporto con gli altri e con l’ambiente dell’individuo. In altre parole, un disturbo di personalità è una modalità eccessivamente rigida di percepire se stessi e gli altri che determina uno stile comportamentale sempre uguale di gestire le relazioni; per tale motivo, tale stile risulta spesso fallimentare e tende a provocare un allontanamento dagli altri o delle relazioni continuamente burrascose. I disturbi di personalità sono anche alloplastici, ovvero le persone che ne sono affette tendono ad attribuire sempre agli altri le cause delle loro problematiche relazionali, rendendosi quasi per nulla conto che possa esserci anche in sé qualcosa che non vada nel proprio stile. Solitamente, chi soffre di un disturbo di personalità tende a chiedere aiuto a causa del fatto che il proprio stile relazionale, divenendo insostenibile, fa scattare un disturbo clinico (ad esempio un disturbo depressivo), ed è per quest’ultimo che l’individuo entra in terapia. A seconda degli stili comportamentali, i disturbi di personalità possono essere suddivisi in tre gruppi. Nel gruppo A rientrano i disturbi del versante paranoide, ovvero quei disturbi in cui la persona tende a sentirsi attaccata dagli altri e quindi tende a difendersene. Ne fanno parte il disturbo paranoide, il disturbo schizoide ed il disturbo schizotipico di personalità. Nel gruppo B sono annoverati i cosiddetti disturbi narcisistici, in cui vi è la tendenza della persona ad esaltare eccessivamente il proprio io a discapito di quello degli altri. Sono questi il disturbo narcisistico, il disturbo borderline, il disturbo istrionico ed il disturbo antisociale di personalità. Nel gruppo C, infine, abbiamo quei disturbi caratterizzati da uno stile relazionale altamente ansiogeno: il disturbo evitante di personalità, in cui la persona tende ad evitare il rapporto con gli altri; il disturbo dipendente di personalità, in cui la persona tende a stabilire rapporti di eccessiva dipendenza dagli altri; il disturbo ossessivo compulsivo di personalità, in cui la persona tende ad assumere uno stile eccessivamente perfezionistico e meticoloso. Fino a diversi anni fa, l’approccio terapeutico ai disturbi di personalità risultava scarsamente proficuo. Oggi, anche i più gravi disturbi di personalità possono essere curati, prevalentemente grazie ai moderni approcci cognitivo comportamentali, anche se alcuni disturbi, come quello borderline, necessitano di specifiche competenze da parte dello psicoterapeuta.

Fabio Settipani - MioDottore.it