Sappiamo tutti quanto la follia propriamente detta possa fare paura. Per una sua specifica diagnosi, vanno soddisfatti dei criteri clinici ben precisi, come la presenza per un certo periodo di tempo, di elementi psicotici quali allucinazioni (vedere delle cose o sentire delle voci che in realtà non esistono) e/o deliri (essere convinti di cose assurde che non potrebbero mai verificarsi nella realtà). In buona sostanza, la follia consiste nella perdita dell’esame di realtà. Tuttavia, se a livelli estremi la follia diventa uno dei più complessi e dibattuti problemi psicopatologici, non bisogna esorcizzare troppo questo elemento dentro di noi. Infatti, imparare a dare credito alla nostra parte folle, può significare imparare ad andare oltre la realtà nella quale siamo immersi ogni giorno, metterla in discussione, vedere in maniera sana qualcosa che gli altri non vedono. Come al solito, facciamo qualche esempio. Quando Galileo Galilei scoprì che la Terra non era al centro dell’Universo e che invece è un semplice satellite del Sole, fu addirittura dichiarato un eretico, candidato per essere arso sul rogo dal Tribunale della Santa Inquisizione! Le folli ricerche di Galileo avevano gettato le basi per rivoluzionare il mondo. Tutti coloro che hanno delle idee nuove, in campo scientifico, politico, sociale, familiare, commerciale e praticamente in tutti i campi dell’esistenza umana, spesso sono costretti ad andare controcorrente rischiando di essere presi per pazzi. Ma è proprio questa sana pazzia che provoca il cambiamento, che genera passione, che alimenta la conoscenza. In fondo, se ci facciamo caso, i termini pazzia e passione hanno la stessa radice etimologica: patior, termine che in latino assume una doppia valenza, da un lato, soffrire, patire, sopportare, dall’altro, consentire, permettere, resistere; dal greco pathos, capacità di suscitare un’intensa emozione e un’intensa partecipazione sul piano estetico e affettivo. Una vera passione comporta anche una certa dose di sofferenza, di voglia di resistere e di andare oltre, di superare i confini, di provare emozioni. Personalmente, sostengo che oggi, in un periodo di declino sociale, politico ed economico, ci sia sempre più bisogno di persone che si appassionino ai valori basilari dell’uomo, al fine di superare tutte quelle barriere, vere e proprie macerie, ricevute in eredità dalle generazioni che ci hanno preceduto, che ci hanno governato e che spesso hanno creato sfiducia, rassegnazione, sconforto. Che ben venga, allora, un sano “delirio” di una vera rinascita, secondo dei principi di lealtà e non più di disonestà, di convivenza e non più di individualismo, di sana economia e non più di clientelismo. Certo, per andare incontro a questi ed altri mille sani principi, bisogna proprio delirare, visto che la quotidianità ci dimostra di quanto siamo continuamente immersi in una realtà che, pur nella sua patologica follia, è percepita come normalità! Chiudo con una frase uno psichiatra degli anni settanta, D. Laing: la schizofrenia è quel comportamento che tende ad opporsi a quella forma di follia chiamata normalità.