Gran parte dello stress che ci affligge, è spesso causato da noi stessi, ovvero dal modo in cui tendiamo ad interpretare gli eventi della nostra vita e, di conseguenza, dal modo in cui ne organizziamo le risposte. A tal proposito, il filosofo Immanuel Kant ci fa riflettere sul fatto che noi non saremo mai in grado di cogliere “la cosa in sé”, il noùmeno, mentre siamo in grado di percepire solo ciò che appare della cosa in sé, ovvero il fenomeno. Ogni fenomeno poi, non appare a tutti allo stesso modo; ciascuno di noi possiede una modalità del tutto personale di percepire la realtà, un personale punto di vista. Nel mio precedente articolo ho parlato della resilienza psicologica e di come, rispetto allo stesso evento, certe persone tendono ad arrendersi, magari a colpevolizzarsi o a pensare che sia impossibile superare la situazione, mentre altre, magari con le medesime abilità delle prime, se non anche più scarse, riescono a leggere il problema in maniera diversa ed a superarlo. Tra i due modi completamente opposti di affrontare lo stesso problema, ciò che cambia a monte è la valutazione cognitiva dell’evento. Il modo di valutare un problema fa organizzare alla nostra mente una reazione emozionale. Successivamente, in base al tipo di emozione che ne scaturisce, la nostra mente organizza una risposta fisiologica ed una risposta comportamentale. Facciamo un esempio. Due colleghi di lavoro ricevono dal capo reparto un giudizio negativo sul loro operato, con l’avvertimento che se dovesse riverificarsi l’evento, potrebbero andare incontro ad una sanzione disciplinare. Uno dei due colleghi, ritiene che, con quel tipo di lavoro, è sempre esposto allo stesso rischio (valutazione cognitiva), quindi si arrabbia col capo per il giudizio ricevuto (reazione emozionale), poi si accascia sconfitto sulla sua sedia (risposta fisiologica) e decide di cambiare mansione, se non del tutto il suo lavoro (risposta comportamentale). L’altro collega, coglie il giudizio come opportunità per riflettere sulla risoluzione del problema (valutazione cognitiva), quindi si incuriosisce alla cosa (reazione emozionale) e si attiva subito (risposta fisiologica) andando a cercare della bibliografia in materia, andando a chiedere dei consigli allo stesso capo (risposta comportamentale). Spesso, cadiamo nel tranello che il nostro modo di percepire la realtà sia la realtà, unica ed assoluta, col rischio di ingabbiarci dentro certi tunnel emotivi e comportamentali dai quali risulta difficile uscire. Un modo per allenare la nostra mente a prendere le giuste distanze dai nostri pensieri, imparando a considerarli come delle modalità per leggere solo dei pezzi di realtà, è la meditazione. Una tecnica molto semplice, ma efficace, consiste nel sedersi e dirigere l’attenzione alla respirazione sentita nella pancia. Arriveranno delle emozioni o dei pensieri, noi non dobbiamo cambiarli, ma possiamo cambiare il nostro rapporto con loro: può arrivare l’ansia, il disagio, la rabbia, o taluni pensieri su di sé o sugli altri. Il nostro intento deve essere solo quello di individuare l’emozione o il pensiero che arriva e riportare l’attenzione sul respiro. Questo esercizio può aiutarci a comprendere il nostro modo abituale di vedere la realtà e, di conseguenza, a cercarne altri. L’ideale sarebbe di prendere la sana abitudine a meditare quotidianamente per almeno cinque minuti.